Giappone body-vertising: sticker sotto le ascelle
Mag 16th, 2020 | Di Redazione | Categoria: Marketing In Progress
Il concept non è nuovo neppure per il Giappone, patria di esagerazioni, follie creative e pazzie varie
Nel 2013 già si erano viste ragazze con tatuata sulle cosce la adv di un brand. Negli Stati Uniti è all’ordine del giorno vedere esseri umani fungere da “Media Umani” con marchi sulla fronte, sulle mani, intorno agli occhi e sul torace in cambio di manciate di dollari per un tempo prestabilito
Si chiama body-vertising ed è un estremismo del guerrilla markjeting. E’ la comunicazione che cerca nuovi spazi e nuovi media per attrarre, coninvolgere, farsi notare e far parlare di sè, un marketing in progress
Ma questa idea inedita di un n piccolo sticker pubblicitario sotto l’ascella potrebbe essere un metodo facile per incassare una discreta quantità di soldi in Giappone. L’idea è stata lanciata dalla Wakino Ad Company (waki in giapponese vuol dire ascella), convinta che sarà un successo soprattutto sugli autobus e le metro dove il viaggiatore è costretto spesso ad alzare le braccia per tenersi al corrimano.
Il primo cliente
La proposta ai clienti è di sostituire il classico volantino o manifesto pubblicitario con una ragazza disposta a girovagare sui mezzi pubblici con l’ascella bene in vista. Funzionerà? anche nei mesi invernali quando non si ha la possibilità di girovagare sbracciati?
Alla Wakino sono sicuri di sì. Il primo cliente è la Seishin Biyo Clinic, una catena di centri estetici che vuole promuovere così i suoi trattamenti di depilazione. Si attendono altri acquirenti. Intanto le iscrizioni delle potenziali «veicolatrici di pubblicità» sono aperte.
E la compagnia pensa anche di lanciare «il premio dell’ascella», una sorta di gara per scegliere il cartellone vivente migliore. E gli uomini? Possono candidarsi anche loro a fare i cartelloni viventi, a patto che si depilino.
Il dubbio
Non è un caso però che la Wakino Ad Company sia proprietà di un’azienda che produce prodotti per le ascelle. E forse lo sticker è solo una trovata non convenzionale per far parlare di sé?
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